La Famiglia del Bosco: allontanati i figli, il caso tra neoruralismo e tutela minorile

Il caso di Palmoli: tre minori sottratti ai genitori, Nathan e Catherine, che vivono isolati. Tra sospensioni della potestà genitoriale e un dibattito politico infuocato, ripercorriamo la vicenda.

Palmoli (Chieti) – La provincia di Chieti è di nuovo al centro di un ciclone mediatico, ma questa volta non per un delitto passionale, bensì per una questione ben più delicata che tocca i confini tra libertà genitoriale e tutela minorile: il caso della “Famiglia nel Bosco” di Palmoli.

Una coppia anglo-australiana, Nathan e Catherine la madre dei bambini, ha scelto di vivere in maniera isolata in un casolare nel bosco, adottando uno stile di vita “neorurale” e autosufficiente, lontano dalle convenzioni sociali e dalla tecnologia moderna. La tranquillità di questa esistenza è stata drammaticamente interrotta dal provvedimento del Tribunale per i Minori dell’Aquila.

Dal Ricovero all’Intervento dei Servizi Sociali

La vicenda giudiziaria ha preso il via lo scorso anno, a seguito di un episodio che ha messo in allarme le autorità:

Il Provvedimento: allontanamento e sospensione

La situazione, rimasta per anni quasi invisibile, è esplosa quando il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila ha disposto l’allontanamento dei tre bambini. I minori sono stati trasferiti in una comunità educativa protetta, dove resteranno per un periodo di osservazione finalizzato a valutarne lo stato di salute generale e il benessere psicologico.

Il provvedimento non è arrivato all’improvviso. Negli ultimi mesi servizi sociali e Procura minorile avevano avviato controlli approfonditi sull’ambiente domestico della famiglia, dopo che i bambini erano stati ricoverati per una sospetta intossicazione da funghi raccolti nel bosco. L’episodio aveva sollevato interrogativi sulla sicurezza della vita familiare e portato alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie dell’abitazione.

La decisione, come emerso dalle motivazioni dei magistrati, è stata presa per ragioni di “sicurezza, condizioni sanitarie, accesso alla socialità e obbligo scolastico”. L’accusa principale mossa ai genitori è stata l’assenza di un’adeguata istruzione e l’isolamento sociale totale in cui vivevano i minori.

La Procura ha optato per la sospensione della potestà genitoriale (ovvero, la possibilità dei genitori di prendere decisioni fondamentali per la vita dei figli), non per la decadenza totale, permettendo ai bambini di essere ricollocati in una nuova struttura a Vasto, dove possono comunque incontrare la madre con la supervisione dei servizi sociali e il padre per brevi visite giornaliere.

Il provvedimento del tribunale segnala diverse criticità: isolamento sociale dei bambini, carenze nelle condizioni abitative e difficoltà di collaborazione con i servizi sociali. I giudici parlano di isolamento sociale dei minori e di condizioni abitative non pienamente idonee, soprattutto a causa della mancanza di certificazioni degli impianti e della gestione rudimentale delle risorse.

Un altro punto ritenuto problematico è stato il rapporto conflittuale tra i genitori e i servizi sociali, caratterizzato — secondo gli atti — da una collaborazione considerata insufficiente. Insieme, questi elementi hanno portato il tribunale a ritenere che esistesse un rischio per il benessere psicofisico dei bambini.

La Bufera Mediatica e Politica

Il caso ha rapidamente travalicato i confini regionali, generando un enorme clamore e dividendo l’opinione pubblica:

Il dramma della famiglia di Palmoli, oggi, è la perfetta sintesi di un dibattito complesso e sempre attuale: dove finisce la libertà di educazione dei genitori e dove inizia il diritto dello Stato a tutelare l’integrità fisica, psicologica e sociale dei minori?

Chi sono, la coppia che vive nel bosco, Nathan e Catherine

Per anni Nathan Trevallion, cittadino britannico, e Catherine Birminghan, australiana, hanno scelto di vivere lontano dalla società in un casolare immerso nella natura di Palmoli, in provincia di Chieti. L’abitazione, raggiungibile dopo strade sterrate e sentieri boschivi, è priva di servizi essenziali: l’acqua proviene da un pozzo e l’energia elettrica garantita esclusivamente da alcuni pannelli solari.

Nathan Trevallion e Catherine Birminghan insieme ai tre figli

La coppia ha impostato la propria quotidianità seguendo un modello di autosufficienza. Anche l’educazione dei tre figli rispecchia questa scelta: niente scuola, ma homeschooling, lezioni fatte in casa secondo programmi fissati dai genitori. Una libertà educativa che, secondo Trevallion e Birminghan, avrebbe permesso ai bambini di crescere in un ambiente più sano, naturale e lontano dai ritmi frenetici del mondo moderno.

Lo scontro politico

L’allontanamento dei bambini ha immediatamente acceso un acceso dibattito nazionale, trasformandosi in un caso politico. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito il provvedimento “un atto estremamente doloroso”, annunciando verifiche sull’operato della magistratura e dei servizi sociali.

Matteo Salvini è stato ancora più duro, parlando di “sequestro indegno” e dichiarando l’intenzione di recarsi in Abruzzo per chiedere chiarimenti diretti sulla vicenda.

A difesa dell’operato giudiziario è intervenuta l’Associazione Nazionale Magistrati, che ha ribadito come la decisione sia il risultato di valutazioni tecniche e di dati oggettivi relativi alla sicurezza, alla salute e all’istruzione dei minori.

Cosa potrebbe accadere adesso

Il futuro della famiglia dipende dall’esito del periodo di osservazione cui i bambini sono sottoposti nella comunità educativa. Medici, psicologi ed educatori valuteranno il loro stato fisico, le competenze scolastiche acquisite tramite homeschooling e il loro equilibrio emotivo.

Parallelamente, l’avvocato della coppia ha già presentato ricorso per chiedere la revisione della misura e, se possibile, il ricongiungimento familiare. Sarà un percorso complesso, perché la decisione finale del tribunale dovrà tenere conto sia dei diritti dei genitori sia dell’interesse dei minori.

Il nodo centrale: libertà o tutela?

Il caso di Palmoli va oltre la storia di una singola famiglia e apre un interrogativo più ampio: fino a che punto lo Stato può intervenire quando una famiglia sceglie uno stile di vita alternativo, lontano dai modelli tradizionali?

La vicenda costringe il Paese a riflettere sul confine — sempre più discusso — tra libertà educativa e dovere di protezione, tra autonomia familiare e responsabilità delle istituzioni nel garantire la sicurezza dei minori. Un confine che, come dimostra questo caso, può diventare estremamente sottile

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