Una proposta provocatoria e rivoluzionaria

Da qualche tempo, tra gli appassionati del  calcio, che resta sempre il più bello spettacolo del mondo, serpeggia un fondato convincimento…

…secondo il quale le tifoserie, i presidenti delle società e tutti gli “addetti ai lavori”, sembra abbiano dichiarato guerra alla classe arbitrale, tanto che se ne discute animatamente negli Stadi, nei Bar, per le strade, sui giornali, in televisione, negli ambienti di lavoro, nelle famiglie ed un po’ ovunque.L’ultima, nella scaletta temporale, è la pesante reazione del presidente dell’Inter, Massimo Moratti, il quale dopo la recente sconfitta della sua squadra contro l’Atalanta a S. Siro,  ha dichiarato platealmente di “non credere più nella buona fede degli arbitri”. Il fenomeno certamente esiste ed appare quanto mai ingenuo e maldestro il tentativo di qualche “bastian contrario” di negarne persino l’evidenza, contrabbandando le ricorrenti “bufale” dei direttori di gara, per episodi casuali e marginali. Non è un mistero per nessuno che oggi, grazie al supporto tecnico e mediatico, la giustizia sportiva e le parti interessate, riescono a scoprire ed immortalare qualsiasi evento controverso, traendone le logiche conseguenze, per cui bleffare certamente non serve e, tanto meno,  non paga. Premetto che non è mia intenzione calarmi nel ruolo di “avvocato del diavolo”, né mi è mai passato per la mente di scimmiottare lo struzzo che, per non vedere le scempiaggini che lo circondano, nasconde la testa sotto la sabbia. Al contrario, non avverto alcuna difficoltà di schierarmi sostenendo la tesi secondo cui, per un giudizio equanime nella complessa e delicata vertenza, non si possa in alcun modo prescindere dal “fattore umano”. Senza scomodare le baronie dei cattedratici e gli altri studiosi della materia, ritengo di poter affermare che in un’ intera partita di 90 minuti, due o tre errori da parte dell’arbitro o dei suoi più stretti collaboratori (guardalinee, 4° uomo e giudici di porta), rientrino nella comune fisiologia del genere umano, perché la perfezione non è di questo mondo. Detto questo, il ragionamento si sposta  ineluttabilmente su un altro parametro di giudizio e cioè sulla eventuale dolosità o colpevolezza del soggetto, nel cui confronti dovranno essere accertate ed applicate, in caso di comportamento doloso, le previste sanzioni regolamentari, se non penali. Com’è noto, dopo decenni di esperimenti compiuti in tutte le direzioni, si è dovuto prendere atto del sostanziale fallimento di poter ottenere sempre una perfetta ed irreprensibile  direzione arbitrale, sia col cosiddetto sorteggio “integrale” che con quello “di fascia”. Un’altra accusa frequentemente rivolta all’arbitro, è quella di non intervenire, con la necessaria fermezza, per stemperare, sventare e punire gli esuberanti spiriti bollenti dei giocatori, molto spesso protagonisti di demenziali sceneggiate e di atti inconsulti nei confronti dell’avversario e dello stesso direttore di gara. Ed allora, perché non avventurarsi in un’alternativa epocale e veramente innovativa, affidando la direzione di incontri importanti ad uno staff arbitrale composto esclusivamente da donne? Personalmente non ci troverei nulla di trascendentale e non mi stupirei più di tanto se le cose cambiassero in meglio, specie sotto l’aspetto comportamentale educativo e riguardoso nei confronti di tutti. Si parla tanto di pari opportunità per entrambi i sessi, di quote “rosa” obbligatorie negli organismi istituzionali e rappresentativi, di notevoli potenzialità connettive ed organizzative del “gentil sesso”. In altri settori sono molto più avanti ed hanno già cancellato pregiudizi e risolto problemi veramente importanti come, ad esempio, nella “Confindustria” dove, per la prima volta nella storia repubblicana, c’è stata una donna alla guida degli industriali italiani, nel Regno Unito, dove la signora Thatcher (deceduta qualche giorno fa) ha governato con vigore e rigore veramente eccezionali, e così in Germania ed anche all’interno della nostra Camera dei deputati presieduta da una giovane Signora neofita della politica. So benissimo che non è semplice, né facile modificare subito l’attuale stato di cose, dal momento che, tra l’altro, c’è carenza di donne abilitate in questo ruolo. Tuttavia alcune ci sono, ma finora sono sempre state utilizzate soltanto come guardalinee. Perché non vengano promosse sul campo affidando loro, tanto per cominciare, la responsabilità di arbitrare le partite più importanti del calendario fino ad arrivare a dirigere i derby capitolini e  milanesi?.

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