Tennis

Fognini 2  Arma Ahahahah

Roma, 21 aprile 2019 – Mentre  i notiziari più asserviti fanno salti mortali per inventarsi inesistenti  festeggiamento per l’ottavo scudetto consecutivo della Juventus, non molto lontano dal regno Savoiardo , in quel di Monte Carlo, un  giovanotto ligure intona, a voce spiegata, l’Inno di Mameli nel tripudio di essere il primo tennista italiano a vincere Torneo Master 1000. Quello prestigioso di Monte Carlo.
Non è stata una impresa facile quella di Fabio Fognini, ligure di Arma di Taggia, ad un tiro di schioppo da Monaco dalla Costa Azzurra.
Un’impresa annunciata, dopo aver mandato a casa i numeri 2 e 3 Nadal e Sverev,  ma non per questo più facile. Anzi.
Fognini  ha rivestito per anni il ruolo di eterno comprimario dotato del tennis più spettacolare al mondo,ma non tale da garantirgli la possibilità di inserirsi stabilmente nel ranking dei primi 15 al mondo e di entrare negli ottavi di un Masters 1000 .
Poi, in due giorni a Montecarlo, Fognini è diventato personaggio, o meglio il favorito.
Tutto ciò improvvisamente,  si potrebbe dire magicamente, al rientro da un  periodo  particolarmente buio culminato in 4 mesi di stop per infortuni vari  e di scarso successo nei primi tornei disputati.
Nel Principato,  aria di  casa sua. Il rendimento migliora di turno fino al trionfo sulla sua bestia nera Zverev, ed alla clamorosa lezione inferta al re della Terra Rossa, Rafa Nadal.
Il suo tennis è così bello e convincente che Fabio si trasforma in favorito per la finale, poiché sull’altra parte del tabellone il Numero Uno dei Masters, Djokovic è stato eliminato promuovendo un altro comprimario semisconosciuto il serbo Borna Lajovic.
Un ruolo scomodissimo  quello del favorito,particolarmente pieno di insidie,  tecniche, tattiche e soprattutto psicologiche.
Il favorito deve imporre il proprio gioco;  deve mostrare un tennis bello piacevole e vincente. Non può fare a pallate.
Viceversa lo sfavorito  può giocarsi il tutto per tutto perché non  ha nulla da perdere.
Se a queste problematiche si aggiunge che Lavjovic è un ragazzone solido, ben piantato  che spara colpi precisi e piazzati con disinvoltura, è un  buon lottatore  tant’è che è giunto in finale non a caso, e che soprattutto è dotato di un eccezionale  rovescio ad una mano tradizionale, molto prossimo a quello degli svizzeri Federer e Wavrinka;  e che lo piazza assai efficacemente sia incrociato che lungo linea, allora ci si  rende conto che per Fognini è stata tutt’altro che una passeggiatala Finalissima del Masters.
In primo luogo, cioè ha dovuto stare ben attento a non “liberare il braccio” disinvoltamente – come aveva fatto per  domare e”matare” Nadal e Zverev-  per concentrarsi piuttosto sul controllare passo per passo del suo avversario .
In altre parole per la prima volta Fognini  ha dovuto rinunziare a fare il Fognini per  imporsi una condotta di gara giudiziosa, anche perché ( e soprattutto) sul campo gravava l’incognita permanente di un vento tumultuoso che poteva cambiare le carte in
tavola.
Sotto questo profilo Fabio ha dimostrato una maturità inaspettata che garantisce un  futuro sicuro non  più soggetto ad alti e bassi.
La cronaca ha rispettato queste logiche.
Fognini è partito in sordina. Sul 2-3 ha spinto sull’acceleratore per conquistare i 4 games che gli hanno fatto chiudere il set  6-3.
Sulla stessa falsariga anche il secondo set, turbato, però, dal giallo dell’intervento del fisioterapista dell’italiano al quarto games per crampi alla coscia derivati dal consueto problema alla  caviglia. Il problema è superato, però Lajovic ci  prova lo stesso.  Il match si mantiene in equilibrio fintanto che Fognini, visto il traguardo, ingrana la marcia, strappa   il servizio al serbo per chiudere – su proprio servizio – con un 4-0 frutto dei suoi”pezzi” migliori: smorzate, passanti e perfino un ace.
Fognini, svolta pagina. Passa alla storia dello sport italiano.  In folta compagnia di tanti nobili servitori dello sport italiano quello “minore” che tante glorie portano al tricolore.
Il suo frutto è tardivo. Il tennis logora. Fra un mese compie 32 anni. Ma per due-tre anni, come i Nadal  ed i Federe,  può  ancora fornire fiori  e soprattutto frutta.  Quei germogli di bel tennis di cui tutto il mondo della racchetta ha bisogno  per non soccombere alla
monotonia del tennis muscolare.
La sua promessa autografa è questa. FOGNINI 2   ARMA  AHAHAHAH

Giacomo Mazzocchi

Giacomo Mazzocchi, giornalista professionista, è stato capo redattore di TuttoSport, capo della redazione sportiva di Telemontecarlo, direttore della comunicazione della Federazione Mondiale di Atletica Leggera e direttore della comunicazione della Federazione Italiana Rugby. Vanta una vasta esperienza suddivisa fra giornalismo scritto e video con direzione e gestione di giornali, pubblicazioni, redazioni televisive, telecronache, conduzioni e partecipazione televisive. Cura l'organizzazione e produzione tv di eventi e uffici stampa
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