Spettacolo

Teatro Quirino  – “Otto donne e un mistero” con Anna Galiena

La giostra dei sensi

Roma, 3 aprile 2019 – Dapprincipio nell’agone mondiale giunse armato della popolarità delle sue interpreti il film canoro di François Ozon. Si intitolava “Otto donne e un mistero” ed era tratto da una garbata commedia giallo-rosa di Robert Thomas che faceva l’occhiolino al mystery di Agatha Christie e ne riproduceva il nucleo germinativo del plot con un morto trovato con un pugnale conficcato nella schiena in una camera chiusa, una villa nella campagna francese isolata dalla copiosa nevicata che aveva sbarrato la porta di casa, i fili del telefono tagliati e la corrente elettrica che salta a proposito e a sproposito sprofondando nella paura le otto donne riunite per festeggiare il Natale.

E con loro subito una gara alchemica di fusione e distacco fra il glamour tutto francese di attrici vestite con raffinata eleganza e una vicenda piena di mistero, il comico e l’ironia leggera a braccetto con la suspense e il crimine, con una lampante verità: l’assassino, anzi, l’assassina è una di loro.

Così l’imprescindibile convivenza forzata dagli eventi atmosferici diventa un Tribunale dove ognuna può rappresentarsi in un continuo susseguirsi di colpi di scena e di rivelazioni. E nessuna si salva dai sospetti: ognuna avrebbe motivi concreti di rancore e opportunità. Ognuna ha segreti inconfessabili da custodire a qualsiasi costo.

Gaby, la moglie di Marcel, la vittima, affascinante signora matura ma indomita, ancora ardente di voglie di misurarsi con i sentimenti, qui, nell’edizione presente al Teatro Quirino affidata all’affascinante Anna Galiena, è il fulcro dell’intreccio, una moglie in procinto di fuga dal matrimonio e madre di due ragazze inquiete, Suzanne (Claudia Campagnola) e Catherine (Mariachiara Di Mitri), una delle quali incinta di non si sa chi. Ma poi si scoprirà, perché Thomas non bara e, come si conviene ad ogni bravo scrittore di noir, non lascia senza risposte i suoi spettatori, pur facendo galleggiare la sua pièce in un mare di misteri, con doviziose aggiunte di tradimenti e rivelazioni, per completare poi la sua pietanza con una ricca salsa al profumo di gelosie, segreti di amori proibiti, odi lungamente covati e ancora desideri che si accendono senza freno e vizi e manie insospettabili e cogenti. Attorno a Gaby, correlate da vincoli parentali, la madre, Mamy, una signora anziana (splendida Paola Gassman nel ruolo con accenti di verità comica) che si muove su una carrozzina da invalida, mostrando una presunta fragilità e debolezza che costringe le altre ad aiutarla e compatirla, mentre in realtà è una perfetta mistificatrice, adusa ad alzare il gomito e preda di un’avarizia conclamata. Mamy tiranneggia Augustine, la figlia, l’impareggiabile Debora Caprioglio, che ha studiato dei passettini nervosi per fendere il palcoscenico e si lascia andare a furenti (e comiche) lamentazione sul suo stato di zitella. Anch’ella, come si conviene a questa commedia, mescola i codici ed è perfettamente patetica e comica, lasciando stupito lo spettatore nel coup de théâtre finale. Ambigua, nel disegno del regista Guglielmo Ferro, e segreta nel suo mistero è Pierrette, la sorella di Marcel, affidata alla sensuale Caterina Murino. Giusto per completare le sfaccettature di questo ventaglio variegato nel quale si condensa l’universo femminile, ecco ancora la procace Louise di Giulia Fiume, cui basta davvero levarsi la crestina e il grembiulino da cameriera per prorompere con tutta la sua carica dirompente e la doppiezza del suo ruolo nella villa. La governante di Antonella Piccolo gioca anch’essa su due corde differenti. Perché qui niente e come appare e sottili sotterranei legami fatti di segreti da letto vincolano tutti i personaggi fino ad una amara trovata finale, che la dice lunga sulla misoginia del suo autore e finalmente scioglie la tensione del pubblico che ho sottolineato con risate e applausi l’intero spettacolo.

Gli attori si muovono nella scena funzionale di Fabiana Di Marco, articolata su più piani con una porta posta su pochi gradini al centro del palcoscenico al di là della quale si indovina essere la scena del crimine. I costumi sono creati da Françoise Raybaud mentre le belle musiche di scena sono firmate da Aliberto Sagretti.

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