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Calcio. Turone: “Spero che il derby di Milano finisca come quelli che ho giocato io”. Intervista esclusiva

L’ex rossonero degli anni ’70 ci racconta i suoi derby da imbattuto

L’ex rossonero degli anni ’70 ci parla dei suoi derby da imbattuto.

Roma, 4 novembre 2020 – Ramon Turone, nella foto insieme al laziale Chinaglia, ha giocato nel Milan dal 1972 al 1978. Dunque nessuno meglio di lui può parlarci del prossimo, attesissimo, derby di Milano, che si giocherà domenica sera alle 20.45. “A questo derby si arriva come si arrivava quasi sempre ai tempi in cui lo giocavo io ovvero con l’Inter favorito e il Milan sfavorito. Dunque spero che finisca come allora e che alla fine vinca il Milan” ci dice subito. E già, perché se andiamo a vedere le sue statistiche nelle stracittadine meneghine di campionato lui è imbattuto, avendo collezionato 5 vittorie e 4 pareggi nelle 9 che ha giocato. “Ma quella a cui sono più legato resta sempre la prima – continua Turone – Milan-Inter 3-2 del 19 novembre 1972, nella quale entrai al 36’ al posto di Anquilletti con il compito preciso di marcare Boninsegna. Mica uno qualunque. Io che non ero neanche un marcatore, ma un libero. Però giocai una buona partita e con il Bonimba ce le demmo anche un po’ sul campo, come era inevitabile. Lui era fortissimo”.

La magia del derby, Turone, l’ha vissuta in tre città diverse: a Genova con il Genoa, a Milano con il Milan e a Roma con la Roma ..

Ma il derby è il derby ovunque. E’ sempre una partita diversa dalle altre. Lo senti già nella settimana che lo precede, in città. E questo clima ti carica ancora di più, anche se non è una partita nella quale dai più che nelle altre. Perché l’impegno, in campo, è sempre lo stesso. E’ l’atmosfera che cambia e che ti coinvolge al massimo”.

A quale dei tre derby sei più legato?

Beh, essendo ligure e avendo sempre tifato per il Genoa, con il quale sono cresciuto e mi sono affermato, è ovvio che ti dico a quello di Genova. Che ho giocato quando ero ancora giovane e alle prime armi. Ma questo non significa che gli altri sono stati da meno per me, perché quello di Milano lo ricordo per la grandezza dello stadio e quello di Roma per come lo vive la città. Io, poi, quando ero alla Roma vivevo in un quartiere di laziali come il Fleeming e lì, durante la settimana che precedeva il derby, ne parlavo spesso con il macellaio, i baristi e gli altri amici miei. Loro tifavano per la loro squadra, io giocavo per la mia, ma mi rispettavano molto e con loro non ho mai avuto problemi. Come dovrebbe essere sempre e ovunque”.

Per chiudere torniamo al derby di Milano e ai tuoi trascorsi in rossonero. E’ vero che eri il rigorista della squadra dopo Rivera?

Assolutamente si, ma quando giocava lui non mi sognavo proprio di andargli a dire che avrei tirato un rigore al posto suo. Lui era Rivera, il più forte. Era giusto che i rigori li tirasse lui, mica io. E poi, quando non giocava, non ci davano mai un rigore. Anzi no, ora che ci penso uno ce lo hanno dato, ma Benetti ha preso il pallone prima di me e lo ha calciato lui. Per fortuna ha segnato, altrimenti me lo sarei mangiato”.

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