Calcio. Sempre in campo!

Il calcio come la vita: ritmi frenetici e senza senso.

Roma, 21 settembre 20121 – Il buon Santicchia, collega di una vita, ha appena finito di scrivere il suo commento alla quarta giornata di campionato che oggi già inizia la quinta.

Tre gli anticipi del turno infrasettimanale previsto dal folle calendario del calcio spezzatino comandato dalle televisioni, che tutto finanziano.

Alle 18.30 Bologna-Genoa, alle 20.45 Fiorentina-Inter e Atalanta-Sassuolo.

Domani altre quattro partite spalmate nell’arco del tardo pomeriggio-sera.

Giovedì chiuderanno il turno Roma-Udinese, Sampdoria-Napoli e Torino-Lazio. Sempre con orari differenziati.

Non si fa in tempo a memorizzare le partite appena giocate che già se ne disputano altre.

Ma sarà vero che una partita al giorno leva il medico di torno? Ne dubitiamo.

Il calcio è stato sempre lo specchio della società e lo è diventato anche nel ritmo frenetico dal quale, purtroppo, questa è stata assorbita negli ultimi decenni.

Come la vita non deve dare pause, così il calcio non ci deve dare il tempo di riflettere.

Vivi, vivi, vivi! Gioca, gioca, gioca! Fino all’esaurimento.

Che significa un infarto, un ictus o una malattia grave nel vivere di ognuno di noi.

O un ben meno grave, ma progressivo, allontanamento dal quello che era il gioco più amato del mondo.

Che non attrae più i giovani di oggi come accadeva con quelli di qualche decennio fa.

Perché alla troppa offerta corrisponde sempre un calo della domanda.

Nella giornata in cui tutti parlano di ambiente da salvare (parole, parole, parole, come ne sentiamo da troppi anni) sarebbe bene che tutti cominciassimo a pensare che se davvero vogliamo farlo dobbiamo iniziare a rallentare. Nella vita come nel calcio.

La frenesia uccide tutto: gli amori, le passioni, il sistema nervoso, il piacere e il godimento.

Cambiare stili di vita significa anche rivedere gli orari delle nostre vite.

Cambiare il calcio significa anche rivedere i calendari folli che lo stanno uccidendo, perché lo privano di quell’interesse del quale si è alimentato e grazie al quale è cresciuto.

Nella vita di tutti i giorni, ad esempio, bisogna cominciare ad evitare che le nostre città, il nostro mondo, sia tutto in macchina o sui mezzi tra le 7 e le 9 della mattina.

Si dilazionino gli ingressi nelle scuole e nei posti di lavoro. Gli orari di apertura dei negozi. Gli accessi agli uffici pubblici.

Si rivedano gli orari stessi di lavoro, che sempre più spazio tolgono alla famiglia, al gusto di stare con i figli e di crescerli, al proprio tempo libero.

In Olanda, proprio per questo, hanno cominciato a provare la giornata lavorativa di quattro ore. A parità di salario, ovviamente. Può essere un’idea.

E si rivedano, ovviamente, gli orari e i calendari del calcio. Che per come si gioca oggi è follia allo stato puro.

Ma se per tutto quello che concerne la vita normale ci devono pensare i lorsignori che comandano, per il calcio dovrebbero cominciare a pensarci gli stessi calciatori.

Perché le tibia, le ginocchia, le spalle sono le loro. Perché sotto i ferri nelle sale operatorie ci vanno loro. Perché la vecchiaia con le annesse difficoltà di deambulazione sarà la loro.

Ma i tanti soldi che prendono li mettono a tacere. Esattamente come i tanti soldi che girano negli affari del mondo lasciano che di ambiente si parli e basta.

Senza fare nulla per cominciare davvero a salvarlo.

Amen.

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