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La Lazio di Maestrelli vicina ad un sogno cinquant'anni fa. Di sabato santo...

Roma, 21 aprile 2023.

 

“Se batte il Milan, la Lazio non solo raggiunge i rossoneri in vetta alla classifica, ma si aggiudica un record invidiabile: il maggior numero di vittorie consecutive. Se vuole mirare allo scudetto, e ormai non ha scampo, non ha scelta: è l’ultima occasione che le si offre per annullare lo svantaggio.”

Questo scrive il 21 aprile 1973, cinquant’anni fa, il maestro Mario Pennacchia, dalle colonne de Il Giorno, in presentazione della sfida-scudetto tra i biancocelesti ed i rossoneri che si svolge di sabato santo.

La stagione 1972/1973 sta regalando soddisfazioni impensate alla matricola Lazio di Tommaso Maestrelli, che comanda una compagine unica nel suo genere.

Lazio-Milan si gioca a quattro giornate dalla fine del massimo campionato di serie A, che vede la corazzata Milan in testa con soli due punti di vantaggio sui laziali e quattro sulla solita Juventus.

La Lazio, dalla quarta di ritorno, in un torneo a 16 squadre, compie una striscia di sette vittorie consecutive ed è ad un passo dall’acchiappare il Milan in fuga.

L’Olimpico è pieno fino all’inverosimile e nonostante una giornata piovosa fa il record d’incasso mai registrato in campionato: 240 milioni.

La Lazio è una piacevole intrusa nella lotta al vertice e stupisce tutti per l’innovazione del suo gioco, arioso, spumeggiante e volitivo.

I biancocelesti in avvio prendono per il bavero il Milan e dopo appena quattro minuti Chinaglia caracolla in area scaricando la sua rabbia, la sua frustrazione, con una staffilata di sinistro che s’insacca alle spalle del portiere Belli, complice una leggera deviazione di Schnellinger.

Chinaglia è immarcabile e sembra finalmente decisivo dopo essere stato a digiuno per dieci settimane (!).

Al il 35’ c’è una punizione poco fuori il limite dell’area rossonera.

Frustalupi tocca la sfera verso Chinaglia che scarica un bolide che Belli tenta d’intercettare con la mano sinistra aperta, ma la palla finisce in rete.

Belli si accascia al suolo dolorante ed è costretto ad abbandonare il campo per la frattura di una falange…

Il primo tempo si chiude con la Lazio ancora protesa in attacco, con il Milan ed il suo condottiero, Gianni Rivera, inceneriti.

Rivera, a cui il genio di Maestrelli riserva una marcatura sui generis mettendogli a uomo il piccolo Manservisi, si sveglia nella ripresa complice un abbassamento di ritmo della Lazio.

Poco prima del quarto d’ora della ripresa il Gianni nazionale accorcia le distanze, approfittando di un maldestro disimpegno di Chinaglia, e comanda gli assalti contro i laziali in maniera sempre più insistente.

A tre minuti dalla fine un cross in area viene arpionato dall’estroso Chiarugi che fredda il portiere Pulici con un sinistro sotto la traversa.

L’arbitro Lo Bello, il principe dei fischietti italiani, annulla senza alcun indugio il goal scatenando una valanga di proteste da parte dell’allenatore milanista Rocco e dello stesso Rivera, che lo insulta pesantemente.

La gara si conclude con le polemiche più feroci e con il trionfo della Lazio, che così raggiunge il Milan al primo posto nella graduatoria, a quattro giornate dall’epilogo.

Il sogno s’infrange un mese dopo in una Napoli che certamente, dai laziali, non viene ricordata per la bellezza del suo golfo e di Via Caracciolo.

Per la cronaca lo scudetto se l’aggiudica la Juventus che approfitta delle contemporanee sconfitte di Milan e Lazio all’ultima giornata.

Tornando al big-match del sabato santo di cinquant’anni fa l’allora direttore del Corriere dello Sport, Mario Gismondi, in presentazione titola: <Rivera o Chinaglia?>.

Il giorno dopo a nove colonne titola: <Sì, Chinaglia!>.

Ultime due considerazioni: la prima è che per onestà intellettuale devo dire che se ci fosse stato il VAR il goal di Chiarugi sarebbe stato valido.

La seconda è che questa storia in quel pomeriggio piovoso, poi però ad inizio ripresa si affacciò un sole quasi estivo, è vissuta da un genitore quasi vicino alla cinquantina e da suo figlio, un ragazzo appena diciassettenne.

I due si recano allo stadio su un Ciao, motorino Piaggio, che il ragazzo guida sotto il diluvio con il genitore che regge un improbabile ombrello per cercare di riparare entrambi dalla pioggia.

Tutto questo perché la scaramanzia imponeva di andare all’Olimpico in motorino, altrimenti portava male…

Chissà cosa avrebbe detto, all’epoca, quel ragazzo al pensiero che dopo cinquant’anni si sarebbe preso la briga di raccontare un’esperienza così folle.

Di sabato santo…

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