Racconti di sport

Per sempre 11.

70 anni ben portati per il SuperDino del basket nazionale.

Roma, 18 gennaio 2020. Nello sport spesso la leggenda di un Campione è identificata anche col numero della maglia indossata nell’arco della carriera; nel calcio italiano l’11 è sinonimo di Gigi Riva, il 10 è Gianni Rivera, nel mondo Pelè o Maradona. Per il basket nazionale il numero 11 ha un solo nome e cognome: Dino Meneghin.

Undici per sempre per il Dino nazionale, relativamente alla pallacanestro, da Alano di Piave in provincia di Belluno che oggi taglia il traguardo delle 70 primavere.

Presidente onorario della Federbasket, 204 centimetri d’altezza, ruolo pivot, Meneghin è stato un mito per il suo sport e per due bandiere. Varese prima e i nemici storici di Milano poi. Lo scorso 19 novembre, durante l’intervallo della gara col Maccabi Tel Aviv, hanno ritirato la sua maglia, quella dell’Olimpia Milano, che rimarrà appesa per sempre al soffitto del Forum. Il massimo riconoscimento a cui possa aspirare un ex atleta.

Un gigante che ha battagliato facendo sentire i suoi gomiti sempre in prima linea quando il gioco si faceva duro, ma sempre con la massima lealtà. Dal 1966 al 1981 protagonista a Varese poi a 31 anni, in un’epoca in cui un atleta veniva considerato vecchio, il clamoroso trasferimento a Milano per una seconda giovinezza fino al 1994 con un intermezzo di tre anni a Trieste. Un palmares pazzesco, tra i tanti, fatto di 12 Scudetti, 7 Coppe Campioni, 4 Intercontinentali e poi un’altrettanto grande carriera in Nazionale culminata con l’argento all’Olimpiade di Mosca nel 1980 e l’oro nell’Europeo di Francia nel 1983.

Giocatore granitico sul parquet, gentiluomo affabile nel privato, padre di Andrea campione europeo nel 1999 in maglia azzurra anche lui in terra di Francia, Meneghin è stato il primo italiano ad esser scelto dalla NBA nel 1970 senza però averci mai giocato e fa parte della FIBA Hall of Fame. Scelse Milano, dopo i quindici anni pieni di gloria di Varese, perchè voleva sopportare una pressione sempre più forte che solo una piazza tale poteva garantire, dove arrivare secondo equivaleva ad un fallimento.

Un mito vivente del basket italiano e non solo, eletto nel 1991 come il più grande giocatore europeo di tutti i tempi, uno che è stato grande solo e semplicemente perchè ha fatto la cosa che più gli piaceva: giocare a basket.

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