Racconti di sport – Il palo del Menti

Memorie sportive attorno allo stadio di Vicenza.
Roma, 14  Gennaio 2018 –Nella settimana in cui il Vicenza è arrivato sull’orlo del fallimento, i giocatori non sono scesi in  campo perchè non pagati ed i tifosi sono in rivolta, ci piace ricordare i tempi belli del club veneto.
Romeo Menti era nato a Vicenza quasi un secolo fa, il 5 settembre del 1919. Assieme ai suoi compagni del Grande Torino,  è entrato nella leggenda nel momento stesso in cui si concludeva la sua giovane vita, a neanche trent’anni, in quel tragicamente celebre 4 maggio del 1949, che anche su queste pagine abbiamo voluto ricordare alla nostra maniera...
La sua città natale volle da subito intitolare a Romeo l’impianto sportivo, ai piedi dei Colli Berici. Altri tre stadi in Italia (Castellamare di Stabia, presso Napoli; Nereto, nel teramano; Montichiari, nel bresciano) portano il nome di Menti, a confermare il grande potere evocativo del numero 7 (soprattutto se apposto sulle spalle di una maglia granata).
 
Nella squadra del Grande Torino, in cui tutte le regioni del Nord Italia erano rappresentate, era il Triveneto a fornire la maggioranza dei calciatori. Oltre a Menti, erano veneti anche Virgilio Maroso (nato a Crosara di Marostica presso Vicenza, ai piedi dell’altopiano di Asiago) nonché i fratelli Aldo e Dino Ballarin, di Chioggia; completavano la delegazione il triestino Giuseppe Grezar, il fiumano Ezio Loik e il naturalizzato francese Revelli Ruggero Grava, nato però in Friuli.
Qui la tentazione di deviare dal percorso narrativo è forte, e alla tentazione anagrafica cediamo per completezza di informazione sui giocatori del Grande Torino scomparso a Superga. Quattro erano i giocatori lombardi: Mario Rigamonti, di Brescia, Franco Ossola da Varese, capitan Valentino Mazzola da Cassano d’Adda, Danilo Martelli dalla provincia di Mantova. Tre i piemontesi, Eusebio Castigliano (Vercelli) più Guglielmo Gabetto e Piero Operto, gli unici torinesi. Rubens Fadini era emiliano della bassa ferrarese, ligure invece il portiere titolare Valerio Bacigalupo. Due infine gli stranieri, il francese Émile Bongiorni e l’ungherese Jùlius Schubert.
Ma torniamo a Vicenza e allo stadio Menti. Oltre alla memoria del giocatore del Grande Torino, è un particolare elemento architettonico dell’impianto sportivo ad evocare ricordi di altri tempi, impressi nell’immaginario collettivo degli sportivi italiani.
La trasmissione culto RAI della domenica pomeriggio, “90° Minuto” (anch’essa già celebrata in questa rubrica assieme ai suoi “pupazzoni” ci ha regalato momenti indimenticabili. Tra tutte, le immagini dal Menti di Vicenza, con il celeberrimo palo di sostegno della copertura della tribuna che impallava tutte le videoriprese delle partite. A commentare quelle immagini imperfette con ombra nera verticale fu prima Paolo Arcella, nota voce anche radiofonica del Veneto negli anni settanta, e poi Ferruccio Gard, che si divideva tra Verona e Vicenza.
Con l’onnipresente palo si seguì alla fine degli anni settanta l’epopea del Lanerossi Vicenza allenato da G.B. Fabbri (e anche questa è una formazione memorabile da ripetere tutta d’un fiato: Galli-Lelj- Callioni- Guidetti- Prestanti- Carrera- Cerilli- Salvi- Rossi- Faloppa- Filippi), che chiuse imbattuto al secondo posto la stagione 1977-78, alle spalle della Juventus guidata da Trapattoni. Tra tutte le imprese incompiute dello sport italiano, forse questa è tra le più memorabili, e il “Real Vicenza” trascinato da Paolo Rossi resta il vincitore morale di uno scudetto solo sfiorato.

E sempre con il palo in mezzo si poté ammirare vent’anni dopo la sinora unica vittoria del Vicenza, la Coppa Italia 1997, a cui i biancorossi furono condotti dall’allenatore Francesco Guidolin (veneto di Castelfranco), battendo il Napoli allo Stadio Menti nella finale di ritorno.
Oggi quel palo non c’è più. E’ stato rimosso fisicamente alle soglie del nuovo millennio ma non dalla memoria di quella meravigliosa imperfezione televisiva, che vanta anche una pagina Facebook intitolata “Il Palo del Romeo Menti di Vicenza”.
E chiudiamo questa divagazione nelle terre del Leone di San Marco con un celebre proverbio sulle città venete: Veneziani gran signori, padovani gran dotori, visentini magna gati, veronesi tuti mati, trevisani pan e tripe, rovigoti baco e pipe…E Belun? Ti Belun no te vol nesun” (Veneziani gran signori, padovani gran dottori, vicentini mangia gatti, veronesi tutti matti, trevisani pane e trippe, rovigotti tabacco e pipe…E Belluno? A te Belluno non ti vuole nessuno.).
Sarà una coincidenza che i vicentini abbiano scelto di intitolare a un Romeo, omonimo del meraviglioso felino rosso protagonista degli Aristogatti, il loro stadio?
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