Racconti si sport. Rugby. Il fiore di Scozia

Storia di un inno non ufficiale che fa parte della leggenda del Sei Nazioni.

Roma, 19 febbraio – È possibile avere un inno nazionale non ufficiale e sentirlo nel sangue e nelle vene come e più di quelli che tutti conoscono? La risposta è sì se sei uno scozzese appassionato di calcio e rugby, perché quando scende in campo la rappresentativa nazionale dell’uno o dell’altro sport il “Flower of Scotland” risuona orgoglioso e forte prima di ogni match.

Sarà così anche sabato 27 febbraio all’Olimpico, nel giorno in cui l’Italia ospiterà la nazionale del cardo nell’ambito della seconda giornata del Sei Nazioni 2016. E in quel momento le voci delle migliaia di scozzese che arriveranno nella Capitale per seguire la propria nazionale intoneranno le celebri strofe che ormai conoscono a memoria al suono delle cornamuse.

Strofe che raccontano la battaglia di Bannockburn del 1314, nella quale l’armata scozzese comandata da Robert Bruce sconfisse l’esercito inglese di Edoardo II. Un successo storico che nel 1967 volle essere celebrato e ricordato con questo inno da Roy Williamson, uno dei componenti del gruppo rock “The Corries”. Inno che poi venne intonato e adottato dagli scozzesi del calcio e del rugby a partire dagli anni ’70.

E gli inglesi che dissero? In fondo la Scozia fa parte della loro nazione, non è uno Stato sovrano e indipendente come, ad esempio, la Repubblica d’Irlanda. Possibile che consentissero a quelle genti del nord di celebrare una loro sconfitta in battaglia?

Sì, stranamente, anche se poi, da inno di eventi sportivi, “Flower of Scotland” è diventato un inno di indipendenza, sventolato dai fautori di quest’ultima nel referendum che si è svolto recentemente e che, alla fine, ha visto vincere chi voleva restare con l’Inghilterra.

Così l’inno che è tale ma non ufficialmente, è rimasto solo sui campi verdi del calcio e del rugby, accanto a quelli più celebri e conosciuti in tutto il mondo come “la Marsigliese”, “God save the Queen” e quello di Mameli e il 27 verrà suonato e cantato di nuovo anche dalle nostre parti, regalandoci per l’ennesima volta la dimostrazione di orgoglio patrio e legame alle proprie radici dei tenaci figli delle Highlands.

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