Racconti di sport. La Coppa del Nonno

Una serata romanzesca che forse frutterà a Totti il tanto sospirato (e meritato) rinnovo del contratto con la Roma, per chiudere a 40 anni con il calcio giocato. E sempre con il giallorosso addosso.

Roma, 27 aprile – Quand’ero bambino, adoravo i gelati, ma le tasche dei pantaloni contenevano solo moneta pesante, nel senso che c’erano solo spiccioli, e così diventai un divoratore di ghiaccioli, con rare incursioni nel magico mondo del Blob. Poi finalmente inventarono la Coppa del Nonno, un gelato al solo gusto di caffè, con due o tre chicchi in bella vista. L’acquisto, e non la vincita, della mia prima coppa segnò il passaggio dall’infanzia all’adolescenza e ancora ricordo l’indescrivibile soddisfazione che provai.

La sera del 20 aprile 2016 un “nonnetto” del calcio ha restituito linfa vitale a un ricordo ormai sopito e regalato una gioia che, se nella prima occasione era stata un misto di esaltazione e compiacimento, stavolta ha significato soprattutto commozione.

Stavo scomodamente seduto sul divano innanzi all’ennesima delusione dell’eterna incompiuta che del mio cuore è la squadra e la causa di indicibili sofferenze.

Al minuto 86 della gara tra un Torino ormai salvo e senza obiettivi e una Roma terza in classifica alla ricerca di punti preziosi per attaccare il secondo posto del Napoli, che avrebbe garantito l’accesso diretto alla Champions League, sul risultato di 2-1 per gli ospiti, lo Stadio Olimpico assiste, tra rabbia e delusione, al triste ingresso in campo del suo storico Capitano, quel Francesco Totti che il 27 settembre compirà la bellezza di 40 anni.

Quei miseri 4 minuti più recupero lasciati dal duro condottiero Spalletti al valoroso Capitano, eroe di mille battaglie e ultima bandiera del calcio moderno, sono un affronto non solo ai sentimenti ma anche alla cinica logica del risultato, perché nessuno, neanche il più ottimista dei tifosi, può immaginare quello che sta per accadere.

L’eterno numero 10 entra in campo con la Roma che si accinge a battere un calcio di punizione dalla trequarti e con passo lento va a ritagliarsi un piccolo spazio nell’affollatissima area granata.

L’arbitro fischia la ripresa del gioco e appena tre secondi più tardi il pallone, con una parabola tesa leggermente spizzata da una colonna del Partenone greco (al secolo Manolas) e rotola verso il secondo palo, dove con un balzo felino, frutto di puro istinto,il giovanottone non ancora quarantenne lo colpisce in acrobazia di collo esterno e lo insacca in fondo alla rete.

Lo stadio non esplode e nemmeno i tifosi a casa esultano all’impazzata, perché tutti, amici e nemici, sono concentrati a capire se sia stato proprio Lui a svegliare dall’incubo dell’ennesima occasione sprecata.

Solo quando lo si riconosce correre sotto la curva scattano l’urlo liberatorio e il 302° “grazie” a questo patrimonio della Roma e del calcio italiano.

Ma non è finita, perché passa ancora un minuto e mezzo e la giacchetta gialla, che fino a quel momento aveva negato alla Roma due rigori solari, probabilmente perché il Capitano era ancora seduto in panchina, decide di concederne uno alquanto discutibile, provocando migliaia di arresti cardiaci in tutti quei cuori giallorossi che hanno già capito che sarà proprio il nonnetto a decidere le sorti di questa serata che potrebbe diventare magica.

Le telecamere inquadrano lo sguardo guascone di Totti, che tanto ricorda quello del famoso rigore calciato contro l’Australia nel mondiale 2006 che ci vide per una volta ancora conquistatori di Germania.

Nessuno osa respirare.

Parte il tiro e … pochi urlano, molti si abbracciano, alcuni non riescono a resistere e, come me, piangono.

Piango senza vergogna, di gioia, perché a distanza di trenta anni ho di nuovo la mia Coppa del Nonno.

Grazie Capitano!

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