Politica

7 aprile 1979: quarant’anni fa una storica inchiesta su intellettuali di sinistra e gruppi armati…

Roma, 9 aprile 2019 –  Sull’argomento leggiamo un interessante articolo su “Il Corriere della Sera”  di Antonio Ferrari che seguì per quel giornale i grandi fatti di quell’epoca..

“”Devo dire che quella data di 40 anni fa, 7 aprile 1979, che segna la definitiva frattura nel mondo dell’estremismo e del terrorismo rosso, con la scoperta dei legami tra la sinistra estrema degli intellettuali con il vezzo dell’eversione e i gruppi armati, a cominciare dalle BR, mi provoca sempre reazioni ed emozioni. Primo, perché è una delle più grandi storie italiane politico-giudiziarie che ho seguito per il Corriere della Sera, direi giorno dopo giorno; secondo, perché allora sono calato, con lo sguardo del cronista ma con la mente già abbastanza allertata per neutralizzare le manipolazioni del potere, in una storia complessa e articolata; e poi perché, per molti giorni, ho lavorato con due preziosi colleghi ed amici del mio giornale: Giancarlo Pertegato e Walter Tobagi…La notizia era davvero clamorosa. Era finito in manette il vertice accademico della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Padova, a cominciare dal barone Toni Negri, dai suoi assistenti Alisa del Re e Luciano Ferrari Bravo, e da numerosi personaggi dell’ultrasinistra, tra i quali Oreste Scalzone e il giornalista Giuseppe Nicotri.  Che Negri fosse l’ispiratore-capo di una stagione di violenza sociale non c’erano dubbi. In un grande articolo Giorgio Bocca lo aveva descritto con particolare efficacia. Ora, grazie alla coraggiosa inchiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica di Padova Pietro Calogero era insomma partita l’offensiva giudiziaria contro i vertici dell’«Autonomia operaia organizzata», denunciando i suoi legami con il terrorismo. All’inizio si parlò di dirette connessioni con le BR, e si ipotizzò che Negri facesse parte della direzione strategica. C’era del vero, ma c’erano anche connessioni non suffragate da prove definitive. Il partito comunista di Enrico Berlinguer rispettò e sostenne le decisioni della Magistratura. Anche questo contribuì all’importante e decisiva frattura nella sinistra italiana. Da una parte il PCI, dall’altra l’allegra e multicolore brigata  (assai arrivista) di Potere operaio… Mai, in Italia, dove facevo l’inviato da alcuni anni, mi era capitato di trovarmi in un groviglio così complicato. Avevo capito, da subito, una cosa. Calogero, con la sua intuizione e la sua determinazione era riuscito, in qualche modo, a cogliere nel segno, andando a penetrare (sicuramente a raggiungere) intoccabili santuari del potere. Ero sicuro che, prima o poi, il Giudice ne avrebbe pagato le conseguenze. Non mi sbagliavo. (Per fortuna nulla di irreparabile avvenne, tranne il fatto che nel 1978 furono esplosi vari colpi di pistola contro le finestre della sua abitazione…- nda) Pertini si congratulò con i Magistrati. Sono alcune tappe di una lunga storia… Ringrazio la casa editrice universitaria Cleup, che nella sua collana di «Scienza dell’Interpretazione» ha pubblicato, raccogliendo i miei articoli padovani di quegli anni, il libro «7 aprile», pubblicato nel 2009, a trent’anni da quei giorni convulsi. E sono particolarmente fiero della prefazione dell’ambasciatore Sergio Romano. È quanto ho cercato di fare, ma non so se ci sono riuscito compiutamente.”” Sin qui il grande giornalista Antonio Ferrari.

Ora come di consueto, come sempre su questa testata che si ispira ai valori di alta democrazia del sommo pensatore Gaetano Salmemini,  nostre considerazioni e ricordi….

A commento del film “Romanzo di una strage”, con spunti di riflessione sulle “verita indicibili” di terrorismo e altro, Mario Calabresi, figlio del Commissario di PS, ucciso per mano di sicari telecomandati dai famigerati cattivi maestri che hanno avvelenato le coscienze dei giovani negli anni di piombo, ha visto il film di Marco Tullio Giordana,  e confida ad Aldo Cazzullo, sul Corriere della Sera, le proprie riflessioni. “È un film importante per ricordare quel che è stata Piazza Fontana, era necessario un omaggio alla memoria e a tutte le vittime: i morti della strage; Giuseppe Pinelli (l’anarchico caduto dalla finestra della Questura di Milano nel corso di interrogatorio); mio Padre; e l’ultima vittima, la Giustizia.  Non è un film buonista, non edulcora la realtà, anzi ha il pregio di mostrare che Pinelli  e mio padre facevano due mestieri diversi, erano persone agli antipodi; ma non erano nemici”.

Il film pare avanzare  l’ipotesi che la responsabilità di quei gravissimi eventi sia dei corpi deviati dello Stato; mentre il figlio è convinto (giustamente!) che la verità giudiziaria coincida con la verità storica: “Se lo Stato ha una colpa, è aver lasciato mio padre solo, aver permesso che diventasse un simbolo”. Non viene, invece, nel film (tranne l’apparizione di qualche scritta murale nei pressi dell’abitazione del Commissario), fatto alcun riferimento al clima di odio scatenato dagli intellettuali nei modi più violenti nei suoi confronti, con iniziative quale la lettera pubblicata su ”L’ Espresso”, firmata da 800 “acculturati”, di cui alcuni, ma solo alcuni, chiesero poi tardivamente scusa.

Vediamo, ancora, continuando, che Aldo Moro viene raffigurato come fermo oppositore di ogni deriva antidemocratica, e su questo riteniamo di concordare; ma,nonostante ciò, sarebbe stato proprio Lui, sempre nella ricostruzione di Giordana, a insabbiare per primo la ricerca della verità, seppure per superiori ragioni del Paese. La verità, invece, è quella che vede Moro essere l’unico tra i politici di allora, con grande lungimiranza, durante la contestazione studentesca del 1969, che si andò poi a saldare con le lotte operaie per il rinnovo dei contratti dell’autunno caldo, ad intuire che le aspettative dei giovani non andavano tradite, anche per i pericoli di quelle derive che poi si sarebbero verificate (e delle quali alcuni anni dopo avrebbe personalmente pagato le conseguenze!), auspicando una seria politica sui diritti allo studio e per il lavoro. Nulla fu fatto, perché la politica ritenne di “cavalcare la tigre” della contestazione, come al solito, more italico, con toni minimalistici, almeno per quanto concerne il pianeta giovani, con il voto “politico” all’Università ( uno studente si presentava all’esame e dieci prendevano il voto) e poche altre “minutaglie” demagogiche. E tutto questo nel delirio ideologico degli slogan : “Ne’ Dio, ne’ Patria, ne’ padroni” (come da esaltati, urlato da studenti all’ interno dell’Università di Roma, guidati dal tristo “autonomo” Daniele Pifano da me realmente visti da sottotenente dei CC. poco più che ventenne in servizio di OP – nda); ovvero, l’altra  bestialità: ” Gli operai sulle cattedre!”.  Per la cronaca, il Pifano, dieci anni dopo, parcheggiò un furgone con missili proprio all’interno del Policlinico Universitario.

Per il mondo operaio, invece, più forte contrattualmente dell’altro, cioè quello studentesco, si giunse all’importante e sacrosanto “Statuto dei Lavoratori” e a quell’art.18, che purtroppo è stato oggetto di ampia destruente discussione politica…

Tornando al grande Magistrato Pietro Calogero (che ho avuto il piacere di conoscere quale Procuratore Capo di Padova e poi Procuratore Generale presso la Corte d Appello di Venezia) durante il mio triennio di comando della Regione CC Veneto in Padova (2006/09)…con interessanti conversazioni..) richiamo alla memoria dei lettori un articolo di Stefania Limiti dell’ 11 novembre 2015 su ” Il Fatto Quotidiano”, che pone in giusta luce la circostanza che il Magistrato è stato ascoltato dalla Commissione Moro in merito alle sue indagini sull’Hyperion, nonostante il tempo passato. “Senz’altro è l’audizione più importante che abbiano fin qui realizzato”, ha detto il Senatore della minoranza Democratica Federico Fornaro. Calogero ha infatti raccontato cose molto interessanti, in parte “secretate” per scelta del Presidente Fioroni. Il Magistrato aveva già esposto la sua esperienza in un libro pubblicato alcuni anni addietro e passato piuttosto inosservato nel quale, tuttavia, non ha riportato almeno un paio di rivelazioni messe ora a disposizione della Commissione Moro: “Aspettavo che mi chiamasse un organismo d’inchiesta per poter dire qualcosa in più”. Non gli sembrava serio metterle in un libro, tiene a parlare solo nelle sede istituzionali: lo ripete ai giornalisti che lo aspettano fuori dal Palazzo di San Macuto. Calogero ha raccontato innanzitutto che i servizi segreti deviati boicottarono l’indagine sulla scuola di lingue Hyperion, “una centrale informativa legata all’intelligence americana e impegnata in una azione informativa e di controllo dell’espansione comunista in paesi chiave dell’Europa”. Il Pubblico Ministero, in quei giorni, ricevette una telefonata del Ministro dell’Interno dell’epoca,  Virgilio Rognoni, che gli assicurava tutto il suo sostegno e la disponibilità piena di due ottimi investigatori della Polizia, Luigi De Sena e Ansoino Andreassi… Il suo team si mise al lavoro, riuscì ad individuare una sede in Normandia della scuola di lingue. Lì telefonavano tutti gli uomini intercettati: ma quell’utenza era superprotetta e così la villa, “circondata da un triplice anello concentrico di sensori molto  sofisticati che impedivano ogni avvicinamento. I nostri colleghi francesi ci spiegarono che si trattava di una sede coperta della Cia che possedeva ville di quel genere in altri  capitali europee utilizzando apparecchiature così potenti”. È in quel momento che uscì un articolo sul “Corriere della sera” che dava inaspettatamente  conto delle indagini: “I Francesi a quel punto si rifiutarono di continuare la collaborazione con noi, questi metodi, ci dissero, li screditavano”.  “Sicuramente – ha aggiunto il Presidente della Commissione Parlamentare, On. Giuseppe Fioroni – capirono anche che almeno una parte dei Servizi non voleva indagare…”. Gli investigatori di Calogero scoprirono una sede in Belgio e una a Londra dove si recarono chiedendo aiuto a Scotland Yard che ufficialmente non sapeva nulla, ma accadde un fatto strano: “La stanza d’albergo di De Sena fu messa sottosopra, nulla fu portato via, neanche uno spillo: un avvertimento chiaro. De Sena mi chiamò spaventato, gli dissi di lasciar perdere e di rientrare. Solo gli inglesi sapevano di quella missione. Ci mandavano a dire in quel modo che non erano disponibili a collaborare”. Sin qui l’articolo della giornalista Stefania Limiti.

Ora, diciamo subito di aver letto e brevemente recensito, anni addietro, su questa testata, il citato libro, del quale suggerisco la lettura, che porta la firma di Pietro Calogero, dal titolo: “Terrore rosso , dall’Autonomia al partito armato”.

Poi, che dire della sentita  necessità che si chiariscano tutti questi spaventosi intrecci e che si approfondisca una volte per tutte il gran tema delle aree della contiguità mai scoperte, cioè quegli ambiti della società, della politica, del sindacato e della cultura in cui l’ultrasinistra ha sempre goduto di forte simpatia e grande sostegno? Certo, sono troppe le amnesie, eccessiva la superficialità con cui la gente è indotta da falsi profeti a ragionare di terrorismi. Sì, questa è la storia infinita della tragica eterna pagina del terrorismo! Non si può non concludere questa carrellata, in verità tanto ma tanto triste, anche per chi scrive queste note, avendo fatto parte dell’ Antiterrorismo in quegli anni, perché si argomenta di vere e proprie sconfitte dello Stato nel perseguimento della Verità Vera, rendendo un doveroso commosso omaggio a tutte le vittime dei terrorismi e delle mafie di ogni tempo e luogo. in difesa dello Stato e a salvaguardia     del bene comune Giustizia!

Purchè Giustizia ci sia…altrimenti è inutile morire….!!

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