Cultura

IL TESORO MESSICANO IN MOSTRA A ROMA

Il “Tesoro messicano”, un vero e proprio tesoro di nuove piante, animali e minerali, prezioso quanto l’oro e l’argento, giunse in Europa dal Nuovo Mondo nel 1500.
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(Accademia dei Lincei)

Era costituito tra l’altro dai pomi d’oro – così chiamati perché erano gialli come il colore dell’oro – dai peperoncini, dal cacao, dalle patate e da tante piante allora sconosciute, che ebbero rapida diffusione con un enorme impatto nell’economia dell’età moderna in Europa e costituirono un tesoro anche scientifico, affascinando i primi naturalisti che vi entrarono in contatto.
Al Tesoro messicano sono stati  dedicati un convegno ed una mostra a Palazzo Corsini, sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei a Roma. La bella ed interessante esposizione è stata curata dalla Accademia dei Lincei, dall’Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee del Cnr (Iliesi-Cnr) e dall’Escuela Española de Historia y Arqueologia en Roma del Consejo Superior de Investigaciones Científicas, con la collaborazione della Galleria Corsini e dell’Orto botanico.
La mostra propone nelle sale della Biblioteca corsiniana un magnifico apparato iconografico assieme con stampati antichi, animali imbalsamati, minerali e splendidi esemplari d’ambra.
La grande impresa naturalistica della raccolta di tante novità del Nuovo Mondo e della loro conseguente conoscenza e diffusione in Europa fu compiuta da Francisco Hernández, protomedico generale di tutte le Indie.
La classificazione e l’illustrazione di tante sorprendenti novità hanno dato vita al Rerum medicarum Novae Hispaniae thesaurus, il cosiddetto Tesoro messicano, una straordinaria antologia documentaria di botanica, zoologia e mineralogia del Messico messa assieme, a partire dal 1570, per incarico del re di Spagna Filippo II. Hernández per compilare il suo trattato monumentale sulla natura del Nuovo Mondo impiegò 7 anni.  
“Filippo II non fu particolarmente entusiasta dell’opera di Hernández, essendo interessato solo alle piante utili – chiarisce l’accademico geologo Annibale Mottana, uno dei curatori della mostra – e affidò pertanto a Nardo Antonio Recchi, suo medico personale, il compito di riordinare il materiale”. Il compendio di Recchi, pronto in due anni, rimase però inedito, e alla morte dell’autore, avvenuta attorno al 1595, pervenne al nipote Marco Antonio Petilio, che circa nel 1610 lo cedette, assieme all’ampio apparato iconografico, a Federico Cesi.
“Cesi, che aveva da poco fondato l’Accademia dei   lincei, curò l’edizione del Tesoro messicano a sue spese. La pubblicazione del volume – spiega Marco Guardo, direttore della biblioteca accademica – avrebbe incarnato alla perfezione la missione dell’Accademia, nata per promuovere e diffondere le conoscenze scientifiche di tutti i naturalia”. “Quest’opera che ebbe larga diffusione europea – spiega Tullio Gregory promotore della mostra – indica l’impegno dell’Accademia dei   lincei fin dalle sue origini a documentare non solo le novità celesti, pubblicando gli scritti galileiani, ma anche realtà terrestri, facendo scoprire all’Europa i ‘tesori’ del Nuovo Mondo, in particolare del Messico, per quanto attiene piante, animali, minerali, fino ad allora in gran parte sconosciuti agli europei”.
“Il Tesoro messicano, oltre ai suoi aspetti naturalistici, rappresenta un singolare esempio di circolazione dei saperi nell’Europa dell’età moderna, e in particolare dei rapporti intercorsi fra la Spagna e l’Italia, paesi uniti all’epoca da forti legami culturali e socio-economici, non solo istituzionali”, commenta Maria Eugenia Cadeddu, ricercatrice dell’Iliesi-Cnr responsabile del progetto Migrazioni del Cnr.
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