Spettacolo

Accademia di Santa Cecilia – Cecilia Bartoli canta Mozart nel 261° anniversario dalla nascita

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Roma, 28 gennaio 2017 – Vibrante di bellezza e di passione,  ecco Cecilia Bartoli, la divina Cecilia, regalare al pubblico dell’Accademia la sua gioia e il fulgore del suo canto. E il pubblico la ripaga con applausi scroscianti, con richieste di bis, con il dono di numerosi  bouquet di fiori. Lei, che è essa stessa una festa per chi ama la sua arte, viene a ricordare il 261° anno di nascita di un genio immortale, Wolfgang Amadeus Mozart.

Il programma è come un’antologia, una summa dell’opera del salisburghese, tocca i punti cruciali della sua fama, ne svela le connessioni con i milieu musicali della sua epoca, racconta i suoi viaggi e le sintesi espressive che la conoscenza di altre personalità europee gli suggeriscono. Mozart è un faro la cui luminosità si intensifica ogni volta in modo creativo. L’Italia è coinvolta inesorabilmente in questo processo di arricchimento culturale.

Nel suo viaggio con la madre ad accompagnarlo, il giovane compositore – è il 1772/73 e Amadeus ha appena sedici anni –, scrive delle magnifiche pagine di musica vocale e da camera e si cimenta in egregie composizioni sacre, fra le quali, il Mottetto “Esultate, Jubilate” K158a che venne eseguito presso la Chiesa di Sant’Antonio Abate di Milano con il celebrato sopranista Venanzio Rauzzini. Il brano si presenta come un Concerto per voce e orchestra, una sinfonia d’opera alla manière italiana con un Allegro – Andante – Vivace con due arie separate da un recitativo e concluse con un Alleluja. Carattere profano, dunque? Non del tutto, anzi un incanalarsi nel solco della tradizione di una religiosità che si nutre dei suoni di Alessandro Scarlatti e di Pergolesi vivificata da brillanti colorature sulle note più estreme del pentagramma. Qui, la tecnica perfetta, la sapienza di una voce la fanno da padrone; pensato per il celebre sopranista ora il brano viene sostenuto dalle arditezze vocali della Bartoli che, in onore dei tempi storici della sua composizione, arriva sul palco in redingote di velluto di foggia maschile con una camicia turchese con jabot secondo la moda dell’epoca.

Nel 1775, Mozart  si trova a Monaco per rappresentare l’opera comica “La finta giardiniera”, quando riceve la commissione di un mottetto in stile contrappuntistico. Nasce così il ‘Misericordias Domini’ nel quale raffinati melismi si mescolano alla severità del contrappunto all’italiana che si rifà allo stile di Palestrina. La critica suggerisce di leggere nell’opera la suggestione di Amadeus all’immagine del Crocifisso. “Ave verum Corpus” è il brano composto nel 1791, un atto di omaggio al corpo di Cristo in cui la Passione, l’Eucaristia e la Morte sono intessuti in un sentimento di sublime religiosità. L’opera per la sua particolare bellezza è stata variamente adattata e trascritta (da Ciaikovskij in ‘Mozartiana 1887’ e da Liszt per pianoforte solo in ‘A la chapelle Sixstine’). Il versante compositivo religioso si conclude con il ‘Laudate Dominum’, per soli, coro e orchestra, commissionato dal principe arcivescovo di Salisburgo Geronimo Colloredo, brano che si inserisce nel solco della tradizione barocca austriaca.

Il Gala Mozart, proposto per una sola serata straordinaria, fuori abbonamento, con la direzione di Sir Antonio Pappano, anche solista al pianoforte, nella seconda parte presenta brani sinfonici e tre composizioni per voce solista. L’aria da concerto ‘Ch’io mi scordi di te’ k505, è stata composta per la vocalità di Selina Storace, la prima Susanna nelle ‘Nozze di Figaro’, artista duttile ed elegante che aveva perfezionato il suo canto alla scuola del celebre Rauzzini e a Venezia, cara anche al cuore di Amadeus che pensò per lei una delle sue arie più belle con una parte solistica affidata al pianoforte, cioè a se stesso.

Era abitudine comune interpolare ad opere altrui brani del proprio compositore preferito. Non diversamente avvenne per quest’aria ‘Chi sa, chi sa qual sia?’ pensata per l’opera buffa ‘Il Burbero di buon cuore’, di Vincente Martin y Soler su un libretto di Da Ponte tratto da Carlo Goldoni che nel lamento di una moglie ingiustamente offesa scatena una fiumana di sentimenti nei quali ribolliscono sdegno, gelosia, timore, sospetto e amor. ‘Parto, parto’, tratto dalla “Clemenza di Tito” è il brano che conclude l’impegno vocale del mezzosoprano in un tripudio di applausi convinti.

Nel programma anche le sinfonie ‘Parigi’ con i suoi moduli compositivi che si richiamano alla tradizione francese, il Concerto per flauto e arpa in do maggiore con due validi strumentisti dell’orchestra di Santa Cecilia e la sinfonia ‘Jupiter’ esaltate dalla qualità della formazione ceciliana, coinvolgente nella interpretazione di sir Antonio Pappano.

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