Spettacolo

Spettacolo: ”Steve, il mito”

cinema Steve McQeenRoma, 8 febbraio 2018 Ci sono dei films che a rivederli oggi, a distanza di un certo numero di anni, non risentono minimamente del tempo passato se non per qualche aspetto relativo ai costumi, al modo di vestire.
Cinquant’anni fa usciva nelle sale cinematografiche un film poliziesco, “Bullitt”, interpretato da uno dei grandi della filmografia mondiale, Steve McQueen, che è la conferma di quello che stiamo raccontando.
Nel ’68 la pellicola diretta da Peter Yates, buon regista che diresse nel ’72 uno strepitoso Redford ne “La pietra che scotta” e sfiorò l’Oscar nel ’83 col film “Il servo di scena”, ebbe un impatto notevole nel mondo della celluloide per la sua trama, asciutta e spettacolare, ma specialmente per l’interpretazione di un McQueen in forma più che mai coadiuvato anche da ottimi colleghi come la sensuale Jacqueline Bisset, Robert Vaughn, il personaggio politico, ed un Robert Duvall, nella parte di un tassista, che sarebbe esploso quattro anni più tardi ne “Il Padrino”.
La storia è quella di un tenente della squadra omicidi di San Francisco, California, che riceve l’incarico, da parte di un influente uomo politico, di proteggere un mafioso intenzionato a vuotare il sacco in un processo contro “cosa nostra”.
La protezione di Bullitt però non impedisce ad un paio di sicari di eliminare lo scomodo testimone, lasciando dei sospetti allo stesso tenente per come la vicenda si è configurata.
Omettendo l’accaduto e guadagnando un paio di giorni per sviluppare le proprie indagini, Bullitt riesce a scoprire che l’uomo che doveva proteggere non era quello giusto e dopo una serie di peripezie riesce a stanare il vero mafioso che nel frattempo si stava dirigendo verso l’aeroporto per fuggire dal Paese. Uno spettacolare inseguimento notturno, con relativo scontro a fuoco, porterà nel finale all’uccisione del malavitoso da parte del tenente, che così archivierà il caso.
Il film, oltre al finale già descritto, propone un’altra sequenza che ha fatto epoca e cioè l’inseguimento sulle strade di San Francisco di McQueen contro i sicari che avevano ucciso il finto testimone; una delle scene più emozionanti mai viste al cinema, con McQueen alla guida di una Ford Mustang GT 390 senza bisogno della controfigura, che il nostro rifiutava sempre vista la perizia e la passione con cui guidava personalmente le auto e soprattutto le moto.
Bullitt fu la certificazione del personaggio McQueen, un uomo poco incline al compromesso, di spiccata personalità, a suo modo ribelle, indipendente, che non si piegava alle leggi di Hollywood.
Il ’68 fu un anno di grazia per Steve con un’altra grande pellicola, “Il caso Thomas Crown”, girata insieme ad un’imbarazzante, in quanto a fascino, Faye Dunaway a dimostrazione di come fosse versatile come interprete passando indifferentemente da ruoli d’azione a parti impegnate.
Come detto McQueen adorava sia le due che le quattro ruote, tanto che si riteneva più pilota che non attore per la sua mania delle corse automobilistiche; possedeva una quarantina di modelli auto tra Ferrari, Jaguar, Porsche, oltre a circa 200 modelli di moto.
Steve McQueen nel 1980, a soli 50 anni, morì in Messico per un cancro ai polmoni e potendo scegliere, avrebbe preferito morire in pista al volante di un’auto da corsa; del resto lui stesso in una circostanza sostenne:”quando sei in pista quella è la vita, tutto ciò che succede prima o dopo è solo attesa”.

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