Spettacolo

“Like Father Like Son”

Riuscire a girare un film con tutti  i carismi necessari è una fatica immane. Un film è come un figlio che deve crescere. Dalla gestazione al parto, al  provvedimento dei suoi bisogni materiali,  il seguirlo nell’approccio con la vita quotidiana  è esattamente, si fa per dire, come far nascere un progetto cinematografico.

Scrivere una buona storia, trovare i finanziamenti, gli attori adatti, girarlo, farlo partecipare ai festivals perchè possa essere visto,  recensito e distribuito con un adeguata promozione,  è un impegno notevole. Spesso con tante sorprese.

Come la storia del  film di  Kore-Eda Hirokazu, regista di “Like Father Like Son” dove una famiglia si trova davanti ad un problema inaspettato e deve mettere  in discussione gli affetti che li legano.

Infatti il regista, intervistato a Los Angeles,  viaggia di continuo per promuovere il suo film. Da Cannes (vincitore del Jury Price) a Toronto, San Sebastian Film Festival (Audience Award winner), New York, Vancouver (People’s Choice Award Winner) Chicago, Londra, Los Angeles ,Roma…. È il destino di tutti i registi.

Il suo film non è stato scelto dal Giappone per partecipare alla selezione degli Oscars 2014 come film in lingua straniera, ma rimane un film da vedere.  Alla tavola rotonda, organizzato dagli agenti pubblicitari in concomitanza della presentazione del suo  film all’AFI FEST,  al regista abbiamo chiesto” Il suo film sviluppa una storia di rapporti familiari messi in discussione. Un argomento molto sentito da lei, anche se in modo diverso, lo vediamo nel film”I Wish”. Lei non pensa che un figlio, in una coppia, crei una separazione dovuta anche ad una gelosia verso il bambino da parte del padre?” “Può succedere. Nella nostra cultura, dalla nascita del figlio i genitori non si chiamano più per nome  ma mamma e papà. È un modo per far capire loro il ruolo diverso nella coppia diventata famiglia.” “Lei vuole sottolineare il ruolo del padre?” “Bisognerebbe sempre mettersi in discussione nel rapporto con i propri figli, il mio film apre questo dilemma. Ho fatto veramente il mio dovere di genitore nel mio rapporto con i figli? È una domanda che pongo anche a me stesso, come padre. Più spesso ci si dovrebbe porre questa domanda.  Specialmente oggi, in una società in cui essere genitori è molto più complicato ed è difficile mantenere un buon rapporto con i propri figli.” “ Alla domanda “nel film sono ripetute spesso le parole, Oh my God (Oh mio Dio),  hanno un significato particolare nella lingua giapponese oppure vogliono semplicemente dire, oh mio Dio, come esclamazione?” “No, non  esiste un significato diverso nella nostra lingua. Abbiamo semplicemente lasciato dire questa esclamazione all’attore perchè gli veniva spontanea.”

dalla nostra corrispondente da Los Angeles Maristella Santambrogio

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